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Channel: Rivista Eurasia – Pagina 331 – eurasia-rivista.org
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La Russia respinge le preoccupazioni della NATO sulle esercitazioni militari con la Bielorussia

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Fonte:http://en.rian.ru/

BRUXELLES, 18 novembre — Non vi è alcuna ragione per la NATO d’essere interessata alle recenti esercitazioni militari su larga scala russo-bielorusse, vicini alla Polonia, ha detto la Russia all’Alleanza. Il portavoce della NATO James Appathurai, in precedenza, ha detto ai giornalisti che gli ambasciatori di 28 paesi della NATO avevano espresso preoccupazione per le dimensioni e lo scenario dell’esercitazione Zapad 2009, che ha coinvolto circa 13.000 effettivi. I media Polacchi hanno sostenuto che la Russia e la Bielorussia avevano simulato attacchi nucleari alla Polonia, durante le esercitazioni. La NATO ha anche detto che il messaggio politico di questa operazione era in contrasto con il recente miglioramento delle relazioni tra l’alleanza militare e la Russia.

“I nostri colleghi della NATO dovrebbero concordare le misure di fiducia sulle attività militari al confine dei vicini, già proposte da parte della Russia, invece di cercare di pensare a un nuovo problema nei nostri rapporti”, ha detto Dmitruij Rogozin. Rogozin ha anche detto che le esercitazioni congiunte con la Bielorussia erano di natura puramente difensiva, e la Russia aveva informato la NATO delle esercitazioni con largo anticipo.

Le manovre russo-bielorusse Zapad 2009, che si sono tenute l’8-29 settembre 2009 in Bielorussia, hanno coinvolto circa 13.000 effettivi in servizio, 63 aerei, 40 elicotteri, 470 veicoli da combattimento della fanteria, 228 carri armati e 234 pezzi d’artiglieria. L’esercitazione d’interoperabilità, tra le altre cose, ha testato il sistema di difesa aerea integrata bielorusso-russo, che i due paesi hanno deciso di istituire recentemente.

Il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha detto l’8 ottobre 2009, durante la sua visita in Estonia, che Zapad 2009 in Bielorussia non rappresentava una minaccia per i membri della NATO.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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BRUXELLES, 18 novembre — Non vi è alcuna ragione per la NATO d’essere interessata alle recenti esercitazioni militari su larga scala russo-bielorusse, vicini alla Polonia, ha detto la Russia all’Alleanza. Il portavoce della NATO James Appathurai, in precedenza, ha detto ai giornalisti che gli ambasciatori di 28 paesi della NATO avevano espresso preoccupazione per le dimensioni e lo scenario dell’esercitazione Zapad 2009, che ha coinvolto circa 13.000 effettivi. I media Polacchi hanno sostenuto che la Russia e la Bielorussia avevano simulato attacchi nucleari alla Polonia, durante le esercitazioni. La NATO ha anche detto che il messaggio politico di questa operazione era in contrasto con il recente miglioramento delle relazioni tra l’alleanza militare e la Russia.

“I nostri colleghi della NATO dovrebbero concordare le misure di fiducia sulle attività militari al confine dei vicini, già proposte da parte della Russia, invece di cercare di pensare a un nuovo problema nei nostri rapporti”, ha detto Dmitruij Rogozin. Rogozin ha anche detto che le esercitazioni congiunte con la Bielorussia erano di natura puramente difensiva, e la Russia aveva informato la NATO delle esercitazioni con largo anticipo.

Le manovre russo-bielorusse Zapad 2009, che si sono tenute l’8-29 settembre 2009 in Bielorussia, hanno coinvolto circa 13.000 effettivi in servizio, 63 aerei, 40 elicotteri, 470 veicoli da combattimento della fanteria, 228 carri armati e 234 pezzi d’artiglieria. L’esercitazione d’interoperabilità, tra le altre cose, ha testato il sistema di difesa aerea integrata bielorusso-russo, che i due paesi hanno deciso di istituire recentemente.

Il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha detto l’8 ottobre 2009, durante la sua visita in Estonia, che Zapad 2009 in Bielorussia non rappresentava una minaccia per i membri della NATO.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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I doni avvelenati dell’Angelo misericordioso

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Malgrado le ripetute smentite e censure dei governi e dei militari della NATO, contro la Jugoslavia nel 1999 furono condotti bombardamenti contrari al diritto internazionale, colpendo intenzionalmente la popolazione civile e l’ambiente con agenti nocivi i cui effetti perdurano negli anni. Tra essi il più noto ed utilizzato è l’uranio impoverito, contenuto nei proiettili. Ricerche scientifiche e statistiche raccolte sul campo, sia tra i civili sia tra i soldati occupanti, dimostrano come l’uranio impoverito provochi brusche impennate nell’incidenza di tumori maligni, malattie genetiche e malformazioni congenite. Il suo effetto nocivo non rimane confinato alla sola zona bombardata, ma tramite i venti e le piogge s’estende alle regioni circostanti, anche a grandi distanze.

ERRATA CORRIGE: Nella precedente versione del presente Rapporto era stata attribuita al prof. Alessandro Massimo Gianni una frase in cui il diretto interessato non si è riconosciuto. Avendo ricevuto la sua smentita, l’erronea citazione è stata rimossa. Ci scusiamo col prof. Gianni e con i lettori per l’errore commesso in buona fede


Titolo: I doni avvelenati dell’Angelo misericordioso. I doni avvelenati dell’aggressione NATO alla Serbia
Autori: Dragan Mraovic
Numero rapporto: 3
Data di pubblicazione: 19 novembre 2009 (prima versione: 17 novembre 2009)
Leggi il Rapporto pdf (0,8 MB)

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Francesco Clementi, Città del Vaticano

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Francesco Clementi
Città del Vaticano

Società editrice il Mulino
Collana: Si governano così ( a cura di Carlo Fusaro)
Bologna 2009

ISBN 9788815131515
pp. 144 – Euri 11.00

Il libro
Quarantaquattro ettari: un minuscolo territorio a forma di trapezio che appare tanto noto quanto ignoto. Fondamentale luogo di culto per la religione cristiana, ma anche città nella città di Roma, cuore dell’espressione giuridica del governo centrale della Chiesa, ma anche enclave nella capitale italiana, lo Stato della Città del Vaticano è sorto il 7 giugno 1929 (giorno dello scambio degli strumenti di ratifica dei Patti Lateranensi, firmati l’11 febbraio da Santa Sede e Italia) a conclusione della cosiddetta questione romana, che tanto aveva tormentato i rapporti tra Regno d’Italia e Stato pontificio dopo la breccia di Porta Pia nel 1870. Con un assetto più che unico nel panorama costituzionalistico, che tipo di Stato è la Città del Vaticano? Che rapporti ha con la Santa Sede, la Chiesa cattolica e lo Stato italiano? Quali fonti normative lo regolano? Come si articolano al suo interno l’esercizio del potere e le sue istituzioni? E che diritti (e doveri) vi sono per coloro che godono della sua cittadinanza? A tali interrogativi il volume fornisce documentate quanto esaurienti risposte.

L’autore
Francesco Clementi insegna Diritto pubblico comparato nell’Università di Perugia. Ha tra l’altro pubblicato “Profili ricostruttivi sull’elezione diretta del primo ministro” (Aracne, 2005).

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Un santo vivente

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Centinaia di migliaia di persone nella Chiesa ortodossa Saborna crkva dell’Arcangelo Michele (chiesa centrale di Belgrado) in tre giorni di lutto nazionale hanno passato accanto alla bara aperta del Patriarca serbo Pavle, morto a 96 anni, per rendergli l’ultimo omaggio. I funerali svoltisi il 19 novembre hanno visto la presenza di più di seicento mila persone e le delegazioni religiose, politiche ed altre del più alto livello nazionale ed internazionale. Presenti il Patriarca ecumenico di Constantinopoli Bartolomeo, ma anche il Vaticano con il cardinale Soldano. Dopo la Messa centrale davanti il più grande tempio ortodosso attivo nel mondo, la Chiesa di San Sava, il Patriarca ortodosso serbo Pavle è sepolto nel cortile del modesto monastero di Arcangelo Michele di Rakovica in lontana periferia di Belgrado.

Un messaggio di cordoglio è arrivato anche dal papa Benedetto XVI.

Gojko Stojcevic diventato monaco Pavle (Paolo) era una persona molto modesta. Non ha mai usufruito di comodità dovute ad un patriarca, ma si spostava sempre a piedi, si preparava da mangiare anche da solo, quasi sempre le verdure e le mele secche preparate da lui stesso, beveva esclusivamente i succhi di frutta e di pomodoro, riparava da solo i propri vestiti e le scarpe, dormiva in un semplice letto di ferro in una cella di meno di dieci metri quadri nel Patriarcato di Belgrado. Il suo materasso era un sacco riempito di foglie secche di granoturco senza cuscino.

Questo santo vivente ricordava sempre i serbi di non fare i crimini per difendersi dai crimini degli altri: “Seguiamo sempre la strada della giustizia e dell’onestà, della fede e della virtù, dell’umanità e della cavalleria cristiana, senza odio e senza vendetta nei confronti di chiunque, sempre in ginocchia davanti al Dio e mai davanti agli uomini”.

A Butros Gali, quando questi era il segretario generale delle ONU, disse: “Mi auguro da lei e da tutta l’altra gente di buona volontà nel mondo di esaminare la verità da tutte le parti e di fare una giustizia uguale per tutti”.

Purtroppo sappiamo che la giustizia, neanche quella delle ONU, non è uguale per tutti in questo mondo dominato dagli interessi e non dal senso di umanità.

Se l’uomo permette a se stesso di consumare tutta la propria volontà solo per la propria famiglia e per il proprio popolo rimanendo così senza buona volontà per gli altri popoli, è una disgrazia sia per lui sia per il suo popolo” – diceva il Patriarca serbo aggiungendo spesso che “le circostanze non sempre dipendono da noi, però dipende solo da noi se ci comporteremo da uomini o da non-uomini”.

La Chiesa ortodossa serba è l’istituzione nazionale alla quale i serbi credono più che al governo, esercito, polizia, presidente dello stato, ecc. Il Patriarca Pavle era l’unica persona che era apprezzata da tutti senza riguardo alla politica partitica o personale. Ora i serbi perdono un uomo che era uno degli amalgami più forti della nazione e della chiesa stessa.

Come andranno le cose nel futuro non è ancora chiaro perché nel clero serbo-ortodosso ci sono varie correnti. C’è chi vuole riforme e chi non le vuole, c’è chi vede il futuro nell’ecumenismo e nell’avvicinamento ad altre chiese cristiane e c’è chi dice che bisogna allontanarsi dai politici e dai nuovi ricchi… Non sarà facile trovare un nuovo custode del trono di San Sava.

Inoltre molte organizzazioni non governative di stampo atlantista in Serbia spingono la chiesa serba a rinunciare alla storia ed alla tradizione usando i mezzi poco civili e poco democratici mentre dall’altra parte chi è di orientamento nazionale e vede nella Chiesa ortodossa serba uno degli ultimi baluardi di salvezza della dignità nazionale. I politici maggiormente cercano di usare la chiesa solo nelle campagne elettorali e un po’ di questo si è visto purtroppo anche nei giorni di lutto nazionale per la morte del Patriarca quando certi politici coglievano questa triste occasione per farsi avanti e più di tutti il presidente serbo Tadic anche se la sua politica filoatlantista sta in netto contrasto con la politica della Chiesa ortodossa serba e con l’operato del Patriarca.

Tutto quanto stona molto con l’immagine di modestia personale di un uomo santo quale era Pavle, un vero beniamino della nazione serba, un vero uomo santo.

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Unione Europea. Il nuovo sistema SWIFT e il nuovo abbandono della sovranità

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Il caso Swift è scoppiato quando, nel 2006, la stampa statunitense rivelò che questa società aveva, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, trasmesso clandestinamente al Dipartimento del tesoro degli USA alcune dozzine di milioni di dati confidenziali relativi alle operazioni dei suoi clienti [1].

Swift, società americana di diritto belga, tratta gli scambi internazionali di circa 8.000 istituzioni finanziarie presenti in 208 paesi. Essa assicura i trasferimenti di dati relativi ai pagamenti, ma non il trasferimento di denaro.

Malgrado le flagrante violazione delle leggi, europea e belga, sulla protezione dei dati personali, questo trasferimento non è stato mai messo in causa. Al contrario, l’UE e gli USA hanno firmato molteplici accordi per legittimare l’acquisizione dei dati riservati.

Tutti gli accordi sono stati giustificati nell’ambito della lotta al terrorismo. Il sequestro dei dati operato dalle autorità statunitensi è stato reso possibile grazie alla particolarità del sistema Swift. In pratica, tutti i dati riservati allocati nel server europeo erano parimente presenti in un secondo server di stanza negli USA. Ciò ha consentito alla dogana statunitense di prenderne possesso, giacché la legge americana consente questo tipo di sequestri.

Una razionalizzazione del sistema Swift

Dopo il giugno del 2007, era previsto che i dati Swift inter-europei non fossero più trasferiti negli USA, ma inseriti in un secondo server europeo. Tale nuova procedura si avvicinava di più alle norme europee ed eliminava la possibilità delle autorità statunitensi di acquisire le informazioni. Il nuovo server, piazzato a Zurigo, dovrebbe diventare operativo a partire dal mese di novembre 2009.

A seguito della riorganizzazione e contrariamente a ciò che era stato affermato nei precedenti accordi, Jacques Barrot, commissario europeo alla Giustizia, ha spiegato che i 27 desideravano fornire agli investigatori del tesoro degli USA l’accesso ai centri operativi europei amministrati dalla società Swift. Ha anche dichiarato che “sarebbe molto pericoloso in questa fase cessare la sorveglianza e il controllo dei flussi di informazione” ed affermato che le operazioni sul server americano di Swift si erano rivelate “uno strumento importante ed efficace”.

Barrot ha ripreso semplicemente le dichiarazioni del giudice Brugière, la “personalità eminente” designata dalla Commissione per “controllare” l’uso americano delle dozzine di milioni di dati trasferiti ogni anno. Quest’ultimo aveva detto che il sequestro aveva “permesso di evitare un certo numero di attentati”. Non era stato prodotto o citato alcun esempio che permettesse di verificare tali asserzioni. L’enunciazione del carattere indispensabile del sequestrio dei dati finanziari diventata la prova del successo di tale politica nella lotta contro il terrorismo. Veniva stabilita un’identità tra la parola e la cosa.

Un sequestro fine a se stesso
L’enunciazione della lotta al terrorismo basta a giustificare il sequestro dei dai finanziari

La ragione invocata acquista un carattere surreale quando si sa che la commissione ufficiale d’inchiesta sugli attentati dell’11 settembre 2001 non ha voluto indagare sui movimenti di capitali sospetti, registrati i giorni precedenti gli attentati stessi. Tuttavia, proprio prima degli attacchi dell’11 settembre, il 6, 7 e 8, hanno avuto luogo opzioni di vendita eccezionali sulle azioni delle due compagnie aeree (American e United Ailines) i cui velivoli furono sequestrati dai pirati, come anche sulle azioni di Merril Lynch, uno dei più grandi affittuari del World Trade Center. Queste informazioni sono state rivelate precisamente da Ernst Welteke, all’epoca presidente della Deutsche Bank, il quale ha anche dichiarato che c’erano molti più fatti attestanti che le persone implicate negli attentati avevano approfittato di informazioni confidenziali al fine di realizzare operazioni sospette. Tutti questi elementi, il fatto che un attentato terrorista non ha bisogno di importanti trasferimenti di fondi e la volontà politica di non investigare sui trasferimenti finanziari sospetti, ci mostrano che l’acquisizione dei dati finanziari dei cittadini è un obiettivo in sé.

Un abbandono della sovranità

La Commissione vuole dapprima firmare un accordo transitorio, che avrebbe effetto con la messa in marcia del server di Zurigo. Questo obiettivo è stato confidato alla presidenza svedese, rigettando così ogni possibilità di decisione condivisa con il Parlamento. Ciò ha la sua importanza, poiché il Consiglio segue praticamente ogni giorno le posizioni dei funzionari permanenti e costoro si rivelano essere, spesso, dei semplici canali dei negoziatori americani. Il commissario Barrot afferma di realizzare un accordo equilibrato, ma egli ha dovuto riconoscere che il testo attuale non include l’accesso delle autorità europee alle transazioni bancarie americane.

A questo accordo transitorio deve succedere un testo definitivo, anch’esso unilaterale. Si tratterebbe. Dopo un anno, di “rinegoziare” ciò che è stato accettato d’urgenza. Tale accordo dovrebbe essere validato dal Parlamento europeo, quando il Trattato di Lisbona, che dà a questa assemblea più poteri in materia di polizia e di giustizia, verrà applicato. La volontà proclamata di attendere la ratificazione del Trattato mostra che si tratta di far riconoscere, dal Parlamento, un diritto permanente delle autorità americane di sequestrare, sul suolo europeo, dati personali di cittadini dell’Unione. I nuovi “poteri” accordati al Parlamento trovano la loro ragione d’essere nella legittimazione dei trasferimenti di sovranità dell’UE agli USA.

Questa posizione ha il merito di essere trasparente, di presentare il Trattato, non come un testo costituzionale interno all’Unione, ma come un atto d’integrazione dell’UE in un’entità sopranazionale sotto la sovranità statunitense.

Questo nuovo accordo che permette alle dogane statunitensi di catturare, sul suolo europeo e senza alcuna reciprocità, dati personali dei cittadini dell’Unione, rappresenta un nuovo passo nell’esercizio della sovranità diretta delle istituzioni statunitensi sulle popolazioni europee.

1. « Gli scambi finanziari sotto controllo USA », Eurasia N° 1 2009, Gennaio/Marzo

Jean-Claude Paye, sociologo, autore de La fine dello Stato di diritto, manifestolibri. 

Contributi pubblicati in Eurasia: Spazio aereo e giurisdizione statunitense (nr. 4/2007, pp. 109-113), Gli scambi finanziari sotto controllo USA (nr. 1/2009, pp. 109-120).

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